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Roma, Io non volevo soltanto partecipare alle feste

by Andrea Gottuso

Città della decadenza, città delle rovine,
città del passato e della degenerazione,
Roma è un memorandum
a cielo aperto della condizione umana.

“Io non volevo solo partecipare alle feste,io volevo avere il potere di farle fallire”.E'con questa frase che meglio si sintetizza l'ambizione di un giovane Jep Gambardella al suo arrivo a Roma nel fim premio oscar di Paolo Sorrentino intitolato “La grande bellezza”.

Roma, la città dal fascino eterno che conquista chiunque si trovi a farci i conti nella vita. Eppure, ad una analisi piu attenta, è una città dai mille volti e dalle mille facce, rapita essa stessa nel suo frenetico e incessante via vai quotidiano.

Una moderna Babele di lingue e culture dove tutto apparentemente sembra non fermarsi mai. Sembra appunto, perchè spesso tutto questo trambusto e continuo movimento non coincide sempre con il concetto di produttività la caccia alla quale produce un inevitabile risultato: lo stress.

Ebbene si, Roma può essere definita come la città con il piu alto tasso di stress in tutto il centro italia.
Arduo risulterebbe affermare che tutto ciò è dovuto alla frenesia lavorativa il che porterebbe a dedurre la presenza di un'elevata produttività capitolina.

Lasciando il primato in questa materia a Milano, Roma sembra più affetta da una sorta di stress paradossale e dal sapore del contrappasso dantesco: lo stress del dolce far niente.

Guai a chiamarla pigrizia, si tratta semmai di una forma mentale e astratta dovuta al fatto di trovare difficoltà nell'ottenere ognuno i propri risultati causa le eccessive cose che si vogliono fare.

Se un cittadino qualunque si perdesse un pomeriggio nel trambusto delle vie di Roma incontrerebbe mille persone con mille direzioni diverse eppure percepirebbe la sensazione che nel caos non si genererebbe che una fatale sensazione di inconcludenza.

Forse è proprio questo clima quasi surreale che ha ispirato le opere di numerosi artisti e intellettuali che hanno trovato in Roma l'ambiente ideale per una fertilità prettamente artistica,della quale la corte mecenatistica rappresenta forse il suo punto più alto.

La vita a Roma dventa inevitabilmente una battaglia contro il tempo e contro se stessi,rapiti da una ordinarietà quotidiana che rischia di scoraggiare anche i più audaci.

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Lasciando il primato in questa materia a Milano, Roma sembra più affetta da una sorta di stress paradossale e dal sapore del contrappasso dantesco: lo stress del dolce far niente.

 

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Perdere intere giornate nel traffico è forse uno degli aspetti che maggiormente logora la pazienza dei cittadini romani,costretti a lunghe code anche per gli spostamenti più piccoli. Di questi effetti ne risente anche la salute,messa a dura prova da ritmi frenetici e non sempre congrui ad uno stile di vita che si possa definire sano.
 

Ad alleviare questa situazione pone un dolce rimedio una cucina locale che adattandosi a tempistiche ridotte e veloci ha trovato in piatti semplici e di facile preparazione la sua forma di espressione. Facile è infatti trovarsi a trastevere o in altri quartieri caratteristici a degustare primi dal sapore inconfondibile e unico che stabilmente sono oramai entrati nel patrimonio culinario italiano.
 

Non sembra migliorare le cose l'abitudine di spostarsi in villeggiatura nei week-end quando i romani cercano rifugio dal caos quotidiano andando nelle campagne limitrofe la città di Roma. Il risultato infatti è solamente lo spostamento spaziale del problema e non la sua risoluzione,sicchè il traffico che nella settimana si concentra in città trova il suo apice in chilometriche code per raggiungere le mete prescelte.


E' forse solo la domenica mattina,quando tutto dorme e tace,che si riesce a ritrovare l'essenza della città di Roma nella sua tranquillità e nel suo silenzio, nella sua bellezza senza tempo e senza fine, apprezzando fino in fondo quel poeta sconosciuto che definì la capitale come “una ragazza madre...tanto bella ma con troppe responsabilità”.

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