top of page

Il nuovo viaggiatore

by Chiara Bongiorno

Il nostro secolo sta riscoprendo il valore esistenziale
del viaggiare. Dopo Ulisse, i romantici e gli esploratori,
la borghesia europea, anglosassone e asiatica
scopre come viaggiare
di nuovo.

 

Il viaggio è l’esperienza di mobilità spazio temporale dei soggetti che partono. Quando si parla di viaggio ad ognuno di noi vengono in mente immagini diverse, c’è chi associa il viaggio allo sport, al relax o semplicemente alla pura curiosità di vedere cose nuove. Per tutti, però, il viaggio è quell’esperienza, al di fuori del proprio luogo abituale, circoscritta ad un determinato arco temporale. Il viaggio nella letteratura classica, da Omero in poi, viene sempre concepito in senso circolare (partenza-transito-ritorno). La partenza è la rottura di un equilibrio e dei rapporti che stabiliscono l’identità di un individuo, è un lasciarsi alle spalle legami e relazioni che lo definiscono, il viaggiatore si rimette in discussione, è tabula rasa, viene, quindi, scorporato da ciò che definisce la sua identità. Le separazioni della partenza sono un esperimento morale per determinare quali aspetti dell’ “io” possano essere lasciati alle spalle con il contesto in cui sono germinati, e quali, invece, costituiscano i caratteri ineliminabili dell’individualità in movimento. La partenza è un avvenimento capace di migliorare e chiarire i contorni della persona, produce un’alienazione che si può vivere in maniere diverse: può essere terapeutica, quindi vista come la possibilità di trovare la definizione della propria identità o può essere sofferenza e punizione. Poi viene la fase del transito, il movimento continuo, il perpetuo cambiare posto, disagio e squilibrio che produce riflessioni, esigenze e scopi. Infine l’arrivo, la ricostruzione di un’identità, la raggiunta coesione con un altro luogo. Possiamo distinguere il viaggio volontario, o viaggio eroico, legato all’occasione di “oggettivazione” del sé, quale può essere il pellegrinaggio, dal viaggio imposto, o viaggio non eroico, legato alla sofferenza e punizione, come l’esilio o l’emigrazione.
 

Il viaggio volontario per eccellenza è quello di Ulisse, che ritorna sempre a casa, tra le proprie cose, alle proprie origini. Il viaggio l’ha arricchito ma egli è rimasto fedele a sé stesso, la sua identità e personalità ne esce rafforzata, purificata, migliorata. Il viaggio imposto può essere collegato al primo viaggio cristiano per antonomasia, la cacciata dell’eden di Adamo ed Eva, la coppia originaria ha la responsabilità della propria morte e del distacco da Dio. Partenza obbligatoria a seguito di un mutamento, disastro o dalla violazione di una norma, il viaggio è sofferenza, dolore e penitenza, di sola andata o senza fine.

 

L ‘elemento di differenziazione è, infatti, il ritorno, il viaggio di Ulisse, caratterizzato dalla circolarità, è funzionale ad un’acquisizione di esperienza e conoscenza, per Adamo ed Eva, invece, il viaggio non arricchisce né rinforza la loro identità, che ne esce, al contrario, ferita. La partenza spezza i legami tra il peccatore e il luogo e le occasioni del peccato, partendo ci si lascia alle spalle il passato. Effetto del viaggio sono le alterazioni dell’ identità personale, i pericoli e le fatiche del viaggio rimangono il banco di prova dell’ eroismo del viaggiatore. Camus diceva che ciò che dà valore al viaggio è la paura, il fatto che, in un certo momento, siamo lontani dal nostro paese, è allora che veniamo colti dal desiderio di tornare indietro, sotto la protezione di vecchie abitudini.

 

 Il viaggio è prova spirituale, ci riporta a noi stessi nella sofferenza del resistere alla lontananza, la perdita della casa è perdita di identità, è una crisi che assale il viaggiatore. La partenza è sempre una separazione, il distacco dal contesto che ci definisce ma qualunque luogo può diventare matrice di identità per coloro che si rapportano ad esso, il legame sarà tanto più forte quanto più doloroso è stato il distacco. È in realtà la mobilità, il transito, ad apportare mutamento, è nel transito che avviene una distorsione del tempo che permette di “percepire”. 

 

"

Il viaggio è prova spirituale,
ci riporta a noi stessi nella sofferenza del resistere alla lontananza,
la perdita della casa è perdita di identità, è una crisi che assale il viaggiatore.

 

"

Tutto il sapere che si ottiene dal viaggio deriva dalla mobilità che sta tra il “da dove veniamo” e “dove andiamo”, è uno stato che altera le percezioni. Luogo e spazio si comprendono solo in relazione al movimento, “da dove siamo lontani”, “a dove siamo vicini”, sono le pause del movimento che permettono che la posizione si trasformi in “luogo” e, nel corso di centinaia di anni, sono queste “pause” che hanno dato vita alle società. L’arrivo è un processo di identificazione, di incorporamento, non è detto che scesi dal treno, dall’ aereo o dalla nave siamo arrivati, è l’ adattamento alle caratteristiche indigene che conferma l’ arrivo. Viaggio come veicolo della trasformazione delle identità individuali e collettive, l‘identità è ritrovarsi, riscoprirsi, riconoscersi e ricordare ciò che siamo e ciò che eravamo. Se nell’antichità e nel Medioevo, attraverso pericoli e cimenti, si attingeva una purificazione interiore, con i grandi viaggi scientifici, in epoca moderna, viaggiare diventa fonte di libertà e di svelamento dell’io. Infine, nella società industriale, transitare da un luogo all’altro permette all’uomo di riconoscersi un’appartenenza nazionale e insieme un’identità personale.

 

Aprirsi all’ignoto cambia la nostra testa, il modo di guardare al mondo e agli altri. Annota argutamente Charles Darwin, padre della teoria dell’evoluzione ma ancor prima grande viaggiatore, come il viaggio intorno al mondo l’avesse radicalmente cambiato. Prova ne è che la prima volta che suo padre lo rivide, si voltò verso gli altri figli ed esclamò: “Guarda, guarda, la sua testa ha decisamente cambiato forma”, il suo, però, è un tipo di viaggio che comincia con la disposizione ad aprirsi all’ignoto. L’esperienza del viaggio è un’esperienza di conoscenza che cambia il soggetto che la compie, il suo modo di percepire il mondo, Il viaggio è occasione di scoperta della precarietà del mondo e insieme della estrema fragilità della propria condizione. L’uomo nel viaggio si perde, perde le proprie certezze, perde in qualche modo il proprio centro per abbandonarsi al mondo. Eppure è attraverso questa esperienza che egli può imparare a ritrovare sé stesso. 

bottom of page